Descrizione
Tra il 1861 e il 1885, come conseguenza dell’applicazione del Regolamento Cavour che regolava la prostituzione, un reparto sifilicomio trovò posto a Terni nel primo piano dell’Ospedale Civile. Ciò rientrava nelle politiche del nuovo Regno d’Italia per il contenimento della sifilide. Se da principio questa sezione accolse solo le meretrici affette da malattie veneree che facevano capo all’ufficio sanitario locale, dal 1871 essa divenne una succursale dell’Ospedale di S. Maria della Consolazione di Roma, arrivando presto a configurarsi come una sorta di prigione. In squallide condizioni igieniche, vi furono ammassate all’interno centinaia di donne provenienti dalla capitale, con gravi privazioni delle loro libertà personali: alcune rimasero lì rinchiuse per diversi anni. Il sifilicomio di Terni, spesso richiamato dal movimento che chiedeva l’abolizione della prostituzione di Stato, divenne un prototipo del malfunzionamento in Italia di simili strutture. Tale deprecabile situazione, discussa a più riprese anche in sede parlamentare, fu però accettata dalla città in modo passivo e subalterno. Per la Congregazione di Carità di Terni, a cui era affidata la gestione del nosocomio, il ricovero delle prostitute si trasformò anzi in una fonte di lucro, a discapito di qualsiasi preoccupazione di carattere morale. Grazie a una scrupolosa ricerca d’archivio, riemerge con questo volume una triste pagina di storia locale che era stata del tutto rimossa dalla memoria cittadina.
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