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Il pane dei fiordalisi

 12,00

(IVA assolta a monte dall’Editore)

“Tre giorni per partire, trent’anni per tornare. Glielo aveva predetto una strega a Pietro Manco detto Pietricca che sarebbe andato a lungo e lontano per il mondo e lui ci aveva creduto. Ma per quanto lontano avesse potuto immaginare, tre giorni di mulo erano per lui una distanza inimmaginabile.

2000 disponibili

Descrizione

“Tre giorni per partire, trent’anni per tornare. Glielo aveva predetto una strega a Pietro Manco detto Pietricca che sarebbe andato a lungo e lontano per il mondo e lui ci aveva creduto. Ma per quanto lontano avesse potuto immaginare, tre giorni di mulo erano per lui una distanza inimmaginabile. Un altro mondo, un’altra aria. Da far venire i brividi”. Così inizia il nuovo romanzo di Guglielmo Portarena, attraversato da una narrazione che non vuole certamente ‘dire tutto’, pur avendone le possibilità , ma disvela con nitore di stile e senza pregiudizi la vita dei ‘penultimi’, come penultimo è senz’altro il protagonista del romanzo. Pietro ha sudato molto per avere quel poco che ha. Le sue armi di difesa sono la risolutezza, la rudezza ed il coltello a causa del quale, però, dopo una evitabilissima rissa, è costretto a fuggire per scampare ad un destino da galeotto, poiché crede di aver ucciso l’avversario. Lascia, non senza preoccupazione, la moglie e tre figli e si dirige verso le grandi macchie della Maremma in sella al suo mulo. Lungo la strada incontra degli uomini appartenenti a una banda di briganti e un maestro elementare. Dopo tre giorni di viaggio, in piena consapevolezza, sale verso il loro rifugio. L’incontro con il capo, convince Pietro a restare e ben presto si trova coinvolto nella preparazione di un sequestro ai danni di un ricchissimo e odiatissimo notabile di Orvieto. La trama si fa sempre più avvincente e incalzante, e tutti gli attori coinvolti, credibilissimi, vedranno il proprio destino compiersi. Il taglio narrativo utilizzato da Portarena per raccontare viaggi e ritorni, illusioni e innamoramenti, rispetta la tradizione popolare di quell’epoca, raccontando la storia di un personaggio adultero e assassino con la cadenza, però, di un cantastorie ‘anomalo’, che non prende cioé posizione, cosicché la ferocia di una vita a suo modo ‘esemplare’ – nel senso dimostrativo del termine – risulta meno cruda, più leggera, al modo degli acquerelli dove il bianco non è un ‘vero’ colore, così come la stessa realtà  cela, a volte, tonalità  e sfumature inattese.

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